SHEIN, H&M E ZARA: FAST FASHION TRA ECONOMIA, CULTURA E NEUROSCIENZE

Il fenomeno del Fast Fashion nasce intorno agli anni ’80 del secolo scorso negli Stati Uniti quando le grandi imprese manifatturiere si trovarono a dover competere con la crescita dei prodotti a basso costo prodotti all’estero. L’obiettivo fu quello di sviluppare un approccio produttivo (Quite Response Method – Metodo di Risposta Rapida) che consentisse di ottimizzare i tempi di realizzazione di un capo d’abbigliamento arrivando a produrre migliaia di capi nuovi ogni anno e garantendone l’immissione sul mercato più volte a settimana con un prezzo relativamente basso. Il modello di business alla base del fast fashion si basa sostanzialmente su 2 step:
1. Osservare cosa viene presentato dalle grandi maison
2. Ricreare delle linee basate sui trend osservati e immetterli nel mercato a un prezzo basso Grandi catene come H&M e Zara si basano su questo modello di business creando di fatto quello che oggi viene definito appunto “FAST FASHION”: capi diversi e nuovi a basso costo, ogni settimana, in vendita sia on line che off line. Si pensi che solo nel 2021 H&M e Zara hanno immesso sul mercato complessivamente oltre 10.000 nuovi capi! Se questo numero è da capogiro, niente in confronto alla nascente start-up cinese Shein che in soli dodici mesi ha aggiunto sul proprio sito e-commerce ben 315.000 nuovi capi, praticamente 1000 al giorno, creando un modello fast fashion che si accelera in modo esponenziale diventando Iper o Ultra fast fashion. Il modello di business però differisce da quello del fast fashion come sottolinea Louise Matsakis, tech reporter che ha analizzato a fondo il modello di Shein, in un’intervista a Slate a inizio 2022 “Shein utilizza un approccio diverso. Piuttosto, controllano quello che la gente guarda sui social media, si basa tutto sui dati”.

La piattaforma E-commerce di Shein prevede un’interazione fluida con pagine a scorrimento dove si vedono centinaia di nuovi capi. La start-up analizza tramite precisi algoritmi le reazioni che ogni articolo suscita nelle persone che lo visualizzano permettendo così di avere enormi quantità di dati che permettono di scegliere in tempi brevi e veloci quali capi produrre. L’utilizzo dei big data e dell’intelligenza artificiale ha permesso a Shein di passare, nel giro di 4 anni, da una valutazione di 5 miliardi di dollari a una di 100 miliardi, superando Amazon come app più scaricata negli USA e annoverando più di 43 milioni di acquirenti in tutto il mondo. Secondo quanto riportato da Bloomberg, dal 2018 al 2019 le vendite dell’azienda sono quasi raddoppiate e l’anno successivo, complice la pandemia che ha costretto le persone a casa, le vendite di Shein sono aumentate del 250% anno su anno fino a raggiungere la cifra di 10 miliardi di dollari: 2 miliardi nel 2018 e 15,7 miliardi di dollari nel 2021. Secondo Forbes il patrimonio netto del fondatore di Shein, Chris Xu, è pari a 5,4 miliardi di dollari e il suo know-how non viene dal mondo della moda bensì dal mondo dell’IT e dall’ottimizzazione dei motori di ricerca. Shein, l’E-commerce più popolare al mondo, il più discusso su Tik Tok e You Tube nel 2020, al centro di infinite controversie per violazione dei diritti sui marchi, dei diritti umani, della salute e della sicurezza, antagonista per antonomasia della sostenibilità tramite il concetto sotteso di “usa-gettae resta figo” (il Cile, per esempio, è uno dei più grandi importatori di vestiti usati; ne arrivano ogni anno 60.000 tonnellate e il grosso finisce in discariche abusive nel deserto), un fenomeno non solo economico, dunque, ma anche culturale. I raggiorni utilizzatori della piattaforma Shein sono ragazzine adolescenti e giovani donne intercettate grazie all’intelligenza artificiale che ricevono ogni giorno proposte commerciali basate sui loro gusti. Il fattore “reddito”, in questo modello di business, non è una variabile rilevante poiché l’utente di Shein è anche un utente di “fascia media” che potrebbe permettersi altri tipi di acquisiti a costi più alti. Perchè le persone allora comprano su Shein? Comprerebbero ancora su Shein se avessero davvero consapevolezza, per esempio, che tali indumenti costano moltissimo al pianeta in termini di sostenibilità e inquinamento e ai lavoratori sfruttati e sottopagati? La risposta viene dall’economia comportamentale passando per le neurosciene e la psicologia cognitiva: la nostra utilità riguardo ad uno stato di cose non dipende solo da quello stato ma è anche influenzata dalle nostre emozioni e dalla nostra storia.

Il ruolo del concetto del “punto di riferimento” è fondamentale per capire perchè le persone comprano su Shein anche se ciò presuppone un comportamento d’acquisto apparentemente irrazionale. Senza addentrarci troppo nei dettagli tecnici, prendiamo un paio di esempi semplici per spiegare il concetto di “punto di riferimento”:

ESEMPIO 1: A. Alberto è in discoteca e gli cade una sedia accanto B. Alberto è in biblioteca e gli cade una sedia accanto Alberto percepirà lo stesso suono (la sedia che cade) in modi diversi se si trova nella situazione A. o nella situazione B. Per prevedere l’esperienza soggettiva della sensazione sonora, non basta conoscere l’energia assoluta del suono, bisogna anche sapere il suono di riferimento con il quale è automaticamente confrontato (Frastuono della discoteca nella situazione A. e silenzio della biblioteca nella situazione B.).

ESEMPIO 2: Oggi Giulia e Gianni hanno ciascuno una ricchezza di 5 milioni. Ieri Giulia aveva 1 milione e Gianni ne aveva 9. Sono felici uguali? Ovviamente no. Oggi Giulia è euforica e Gianni avvilito. La felicità che entrambi oggi sperimentano è determinata dalla recente variazione della loro ricchezza che definisce il loro punto di riferimento (1 milione per Giulia e 9 milioni per Gianni). Il concetto di punto di riferimento diventa uno dei fattori determinanti quando si deve scegliere se acquistare da Shein o meno. Un altro esempio spiega bene il concetto:

ESEMPIO 3: A. Giulia è un’adolescente che deve andare al ballo di fine anno, il suo budget per comprare il vestito è di 300,00€. Giulia ama le cose veloci che non le fanno perdere tempo, è impegnata in attività di tutela dell’ambiente, ama gli animali, è propensa al risparmio. B. Maria è un’adolescente che deve andare al ballo di fine anno, il suo budget per comprare il vestito è di 30,00€. Maria ama le cose veloci che non le fanno perdere tempo, è impegnata in attività di tutela dell’ambiente, ama gli animali, è propensa al risparmio. Ora, sia Giulia che Maria sono su Instagram e compare loro un’inserzione sponsorizzata di Shein, proprio quell’E-Commerce del quale parlavano ieri con l’amica di scuola. Compare loro poiché entrambe sono targhettizzate de Shein come buyer personas tramite la loro età, i loro gusti, la loro residenza e territiorialità, per citare alcuni fattori di targhettizzazione. Entrambe scaricano l’APP di Shein e vedono un vestitino, che sarebbe ideale per la festa, ad un costo di 30,00€. Chi comprerà il vestito per il ballo di fine anno su Shein? Giulia o Maria? La risposta è che probabilmente lo compreranno entrambe poiché l’interpretazione di ogni elemento (budget, abito per il ballo, velocità, attività di tutela dell’ambiente, amore per gli animali, propensione al risparmio) è stato determinato dall’intero contesto (del quale fanno parte, per esempio, anche i contenuti visti precedentemente su Instagram) facendo emergere un bias di conferma che ha interpretato tali elementi in modo che si salti alla conclusione che comprare l’abito su Shein fosse la migliore scelta possibile, ma la loro esperienza soggettiva dell’acquisto sarà diversa: avendo entrambe la propensione al risparmio, Giulia sarà felice di avere risparmiato 270,00€ mentre Maria sarà avvilita poiché ha speso tutti i suoi risparmi (30,00€) per comprare il vestito e non ha risparmiato niente.

In questo caso, insieme al punto di riferimento che determina le emozioni legate al post acquisto, entrano in gioco altri 2 fattori fondamentali: 1. Il contesto entro il quale si colloca la scelta d’acquisto (Si ha bisogno di un vestito nuovo, si vede l’annuncio sponsorizzato di Shein sui social, l’amica ci ha parlato bene dell’APP Shein, ho il budget necessario per comprarlo) 2. Il piacere nell’acquistare un bene che si desidera ad un prezzo relativamente basso (Ho fatto un affare!) Prove raccolte con il neuro-imaging e tecniche di scansione indicano che comprare a prezzi particolarmente bassi è un evento piacevole. La decisione d’acquisto è l’esito finale di una rapida sequenza di reazioni cerebrali automatiche caratterizzate da una forte componente emotiva che prevale su quella razionale e computativa. In breve: viene identificato il bene (piattaforma Shein e vestito a 30,00€), esso viene associato ad esperienze passate, se tali esperienze sono positive (l’amica di scuola ha detto che Shein funziona benissimo) si attiva il nucleus accumbens provocando una sensazione di piacere grazie al rilascio di dopamina. Viene subito dopo valutato il prezzo (30,00€) attivando un’area più “razionale” ovvero la regione mediale del lobo frontale che attiva l’insula se si prova uno stato emotivo negativo, o non l’attiva se lo stato è positivo. In questo secondo caso, si procede all’acquisto. La dopamina svolge un ruolo centrale in questo tipo di scelte poiché viene prodotta quando si prova piacere o si riceve una ricompensa.

Sembra che il cervello sia dotato di 2 sistemi cerebrali distinti, uno che regola il desiderio e l’altro che regola il piacere: la produzione di dopamina sarebbe strettamente correlata all’apparato che regola il desiderio, causando una sensazione piacevole in presenza di segnali che anticipano una determinata esperienza di consumo. Che il fast fashion o l’iper fast fashion nuociano al pianeta o ai lavoratori diventa in questo caso una variabile che, dal punto di vista economico cognitivo, non entra a far parte delle scelte di acquisto o, per meglio dire, viene mascherata da un bias di cecità indotta da teoria per il quale comprare on line a prezzi più bassi possibili è teorizzato come il modus operandi ottimale post pandemia da Covid – 19 e facendo bypassare quelle che sono altre variabili importanti nella scelta di dove acquistare che cosa. In conclusione, sia il fast fashion che l’iper fast fashion sono diventati questione “culturale e sociale” nel momento in cui entrano a far parte della vita quotidiana delle persone ma probabilmente la grande differenza tra loro è che mentre il fast fashion attinge a dinamiche sociali, culturali ed etiche alla base delle quali resta una volontà cosciente, determinata anche da fattori psicologici e neurologici, di effettuare un acquisto, l’iper fast fashion mette in campo strumenti innovativi tecnologici grazie ai quali l’esperienza di acquisto viene “incitata” da messaggi persuasivi targhettizzati sulle scelte e sulle preferenze delle buyer personas rendendo così l’acquisto una scelta determinata soprattutto da strategie di persuasione subliminale.

FONTI:
https://forbes.it/2022/10/21/shein-sfruttamento-lavoro-channel-4-fast-fashion/
https://www.fanpage.it/attualita/ultra-fast-fashion-la-moda-tossica-che-sta-soffocando-il-pianeta/
https://www.ilfoglio.it/moda/2022/04/22/news/la-giornata-della-terra-e-noi-che-compriamo-dalcolosso-cinese-shein-3934026/
– https://slate.com/podcasts/what-next-tbd/2022/02/why-is-shein-so-cheap
– D. Kahneman, “Pensieri lenti e veloci”, Mondadori, 2012 – A. Innocenti, “L’economia cognitiva”, Carrocci, 2009 – K. C. Berridge, T. E. Robinson, “Parsing Reward”, in “Trends in Neurosciences”, 2003
– B. Knutson et al., “Neural Antecedents of Endowerment Effect”, in “Neuron”, 2008
– B. Knutson, S. M. Geere, “ Anticipatory Affect: Neural Correlates and Consequences for Choice”, in “Philosophical Transactions of the Royal Society B”, 2008 

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